16 dicembre 2018

Una veduta dell'abside di San Francesco dalla centralissima Piazza Maggiore di Bologna


Se in Piazza Maggiore si sale sulla gradinata della basilica di San Petronio e si guarda il prospiciente Palazzo del Podestà si potrà notare, oltre il finestrone centrale del Salone dei Quattrocento, l'abside del bel San Francesco.

Fig. 02
Si tratta di un affresco [Fig. 02] conosciuto come La Città degli studi del ciclo decorativo  del 1907 promosso nel dalla Società Francesco Francia e vinto dal progetto Savena dell'architetto Alfredo Brizzi e del pittore Adolfo De Carolis (1874-1928), ex allievo dell'Accademia bolognese sotto la guida di Domenico Ferri.
La composizione, inscritta in un arco, come le altre scene della parete che "riassume in forma d'arte la storia e i fasti della città di Bologna", può essere divisa in tre registri: in quello superiore, che occupa oltre la metà dell'affresco, l’abside di San Francesco con la tomba di Irnerio in stile neogotico; al centro, è allineata la teoria dei dottori, studiosi e poeti, “ieratici nei loro costumi arcaizzanti”, tra i quali è riconoscibile, di profilo, Dante Alighieri; in primo piano, gli scolari e le allegorie del Trivio e del Quadrivio vivacizzano la scena nella varietà delle loro pose.

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Le notizie e la Fig. 02 sono tratte dalla pagina di www.bibliotecasalaborsa.it (con ricca bibliografia); altre notizie si ricavano dalla scheda di www.culturaitalia.it relativa al bozzetto ad olio conservato nella "Raccolta De Carolis" del Comune di Montefiore Conca e da cui è tratta la Fig. 03 (vedi in proposito anche la scheda di www.museipiceni.it). Il Museo d'Arte Moderna di Bologna (MAMbo) conserva il progetto della decorazione dell'intera parete nord di cui la Fig. 04 (vedi scheda di www.mambo-bologna.org).

11 dicembre 2018

Tracce di un antico affresco alla base del campanile grande di San Francesco


Solo un occhio attento riesce a riconoscere alla base del campanile grande, lato settentrionale, sotto l'atrio romanico, la traccia di un dipinto raffigurante due santi di cui ancora rimane, insieme ad una sorta di ombra, il duplice rilievo delle aureole.
L'archivio della Fondazione Federico Zeri di Bologna ne conserva una foto scattata dallo studio bolognese Achille Villani & Figli (notizie e immagine 02 dalla pagina di catalogo.fondazionezeri.unibo.it). Il p. Luigi Garani nel suo Il bel San Francesco di Bologna del 1948 (Bologna, Tipografia Luigi Parma) ne accenna in questi termini: «Su di un pilone fu scoperto, durante i lavori di restauro del secolo scorso, un affresco quattrocentesco, rappresentante i SS. Pietro e Paolo, ora completamente svanito» (p. 257). Di quei giorni le foto 03 e 04 tratte dall'archivio della Fabbriceria (cart.gr. V, cc 8 e 8bis, segnalazione di Elisa Baldini).

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9 dicembre 2018

La preghiera all'Immacolata dell'Arcivescovo Matteo Maria Zuppi in occasione della Fiorita 2018


Vergine Santa e Immacolata, 
madre che custodisci con amore tutta la città degli uomini e ogni persona, 
cercare te ci aiuta ad alzare il nostro sguardo e trovarti ci riempie di gioia. 
Ci rivolgiamo a Te con la fiducia e l’intimità dei figli, 
sentendo la dolcezza della tua protezione. 
Tu vuoi che i nostri occhi rimangano fissi in Dio 
per potere contemplare il mondo e saper vedere oggi segni dell’avvento.
Maria tutta santa, tu susciti in noi un rinnovato desiderio di santità, 
cioè vivere l’amore che Dio ha messo nel cuore di ognuno 
e per il quale siamo a questo mondo. 
Tu conosci le nostre fatiche, 
le ferite nascoste del nostro cuore, 
la tentazione di non credere più all’amore 
e di fare vincere la disillusione che spegne la speranza. 
Donaci la gioia di ascoltare e seguire il tuo Figlio, 
l’entusiasmo di correre come te verso i nostri fratelli. 
Insegnaci a non giudicare senza aiutare, 
a non lasciare nessuno solo, particolarmente nella sua debolezza, 
a non arrenderci alla difficoltà.

Maria, Tota pulchra, tutta bella, 
ti ringraziamo perché in un mondo complicato e che ci riempie di paure, 
individualista e alla ricerca del prossimo, presuntuoso e fragile, 
Tu ci mostri la bellezza che non delude e non finisce, il tuo figlio Gesù. 
In Te vediamo tutta la grazia di essere amati da Dio, 
la forza che innalza gli umili 
e capiamo che il valore e la bellezza delle nostre povere persone 
non viene dalla vanità dell’orgoglio ma dall’amore di Dio.

Maria, Madre delle tenerezza, 
insegnaci a proteggere il dono della vita dal suo inizio alla sua fine. 
Aiuta i piccoli della nostra Città e le loro famiglie, 
i bambini, soprattutto quelli che sono malati e gli anziani, 
chi sperimenta l’amarezza della solitudine o non si riconosce più. 
Ti preghiamo con tanta insistenza per i giovani 
perché con coraggio mirino alle cose più belle 
e conservino sempre un cuore libero, 
rispondano come Te alla chiamata che Dio rivolge a ciascuno, 
perché realizzino il proprio progetto di vita e raggiungano la felicità.

Maria 
insegnaci ad essere comprensivi e solidali con chi ha bisogno, 
a coltivare il senso del bene comune e di ogni persona, 
a parlare sempre la lingua dell’amore 
che tutti comprendono nella loro condizione, 
perché si veda attraverso di noi la luce della speranza di Dio e la sua presenza.
Esaudisci le suppliche che portiamo nel nostro cuore e affidiamo a Te. 
Sia in noi la bellezza dell’amore di Dio in Gesù, 
sia questa divina bellezza a salvare noi, la nostra città, il mondo intero. 

Amen.

Matteo Maria Zuppi
Arcivescovo metropolita di Bologna
8 dicembre 2018
(dalla pagina di www.chiesadibologna.it)




7 dicembre 2018

L'incarnazione della Vergine in sant'Anna come Immacolata Concezione in un dipinto di Bartolomeo Cesi (1593/95) già in San Francesco

Bartolomeo Cesi
Incarnazione della Vergine in sant'Anna come Immacolata Concezione
1593/1595
Bologna, Pinacoteca Nazionale (sala 22)

La grande pala, opera del bolognese Bartolomeo Cesi (1556-1629), era originariamente collocata nella cappella Desideri di San Francesco, ove rimase esposta sull'altare maggiore sino alle soppressioni napoleoniche. La complessità del soggetto trova rispondenza nel forte sostegno da parte dell'Ordine francescano all'idea immacolatista, che sarà riconosciuta come dogma solamente nel 1854. Di particolare intensità è la figura di sant'Anna, raffigurata col volto segnato dagli anni, in atteggiamento misto di adorazione e ringraziamento per l'inaspettata gravidanza.
L'opera è caratterizzata da una severità rappresentativa e da una semplificazione iconografica in chiave neoprospettica, atte ad agevolare una lettura devota; questo secondo il costante indirizzo del Cesi, che si accentua in questi anni all'aprirsi del Seicento.
Un'altra versione del tema, documentata nel 1600, si trova nella chiesa bolognese di Santa Maria della Pietà, detta dei Mendicanti.

Le notizie relative al dipinto sono in gran parte tratte del depliant La bellezza dell'arte e i francescani. Itinerario tra i dipinti della Pinacoteca Nazionale di Bologna provenienti dalla Basilica di San Francesco, 15 settembre-15 ottobre 2018 realizzato in occasione della X edizione del Festival Francescano svoltosi nella città felsinea dal 28 al 30 settembre 2018, sul tema "tu sei bellezza" e anche dalla scheda alla pagina di www.pinacotecabologna.beniculturali.it da cui è tratta l'immagine pubblicata.

A lato la pianta della chiesa di San Francesco prima dell'intervento di restauro iniziato alla fine del secolo XIX, con indicata la posizione della "Cappella di Sant'Anna de Desideri" (VIII)

5 dicembre 2018

Le campane di San Francesco


Allontanati da San Francesco a seguito delle soppressioni napoleoniche, i frati solo nel 1841-42 poterono tornare nell'antico convento e nell'attigua chiesa, ridotta però ad un cumulo di rovine. Fu subito promosso un comitato per il restauro del tempio e nel 1845 si trovarono i fondi per intraprendere i lavori più urgenti. Nel 1847 furono commissionate alla Fonderia Brighenti quattro campane poi collocate sul campanile maggiore, un nuovo melodioso doppio bolognese, fuso con abbondante oro e argento raccolto tra la cittadinanza, che andava a sostituire quello distrutto nel 1796.
Ma con la soppressione degli ordini religiosi da parte del Regno d'Italia e il conseguente incameramento dei beni (1866) le campane furono alienate, acquistate da commercianti ebrei che a loro volta le rivendettero a don Pietro Burlandi, parroco di Santo Stefano di Venola, sull'appennino bolognese, presso Marzabotto. L'acquisto fu autorizzato dall'allora Vicario capitolare di Bologna Antonio Canzi, vescovo titolare di Cirene, con la condizione che qualora i frati, con la riapertura al culto della loro chiesa, avessero richiesto le campane, la parrocchia sarebbe stata obbligata a restituirle, non senza comunque avere in cambio un congruo compenso. Alla morte di don Burlandi però, il nostro fr. Fulgenzio Serra Zanetti, per evitare che gli eredi alienassero le campane, le acquistò con la facoltà di ritirarle quando a lui fosse piaciuto. Ma quando si presentò a reclamarle gli vennero rifiutate. Morto il Serra Zanetti il diritto passò al convento e i frati, particolarmente dopo che nel 1886 la chiesa fu restituita e riaperta al culto, si affrettarono a dimostrare i loro diritti pienamente riconosciuti dall'autorità ecclesiastica, ma non da quelli di Venola. A nulla valse un decreto con cui nell'ottobre 1910 l'allora Arcivescovo Giacomo della Chiesa (il futuro Benedetto XV) ordinava la restituzione delle campane. 
Finalmente un accordo si raggiunse nel 1926 con l'impegno dei frati a consegnare alla Parrocchia di Venola quattro campane di eguale peso, misura e tonalità. Ma si dovette attendere fino al 6 marzo 1931 per vedere l'effettivo ritorno delle campane in San Francesco dal cui campanile tornare a suonare la successiva domenica 3 maggio.
Alla pubblica sottoscrizione fu provvidenziale l'intervento di Angela Angeli di Pontecchio che vi partecipò in memoria dello zio, l'ingegnere Enrico Angeli. La stessa generosa donatrice fece pure fondere nel 1931 un nuovo grosso campanone che venne ad accordare ed arricchire tutto il concerto e, nel 1935, fece porre un'altra campana sul campanile piccolo.

La vicenda è così sintetizzata in una lapide murata alla base del campanile grande:

LE VETUSTE CAMPANE DEL TEMPIO DI SAN FRANCESCO IN
BOLOGNA, TRASFERITE LXV ANNI OR SONO NELLA PARROC
CHIA DI VENOLA IN QUEL DI MARZABOTTO FURONO NEL
SETTIMO CENTENARIO DALLA MORTE DI S. ANTONIO DI
PADOVA. RICOLLOCATE IN QUESTA ARTISTICA TORRE A
CURA DEL CARDINALE ARCIVESCO G. BATTISTA NASALLI
ROCCA DI CORNELIANO PER OPERA SOLERTE DEL P. M.
FRANCESCO BONFANTE PROVINCIALE DEI FRATI MINORI
CONVENTUALI E PER MUNIFICA OFFERTA - DONO POSTUMO - 
DEL COMPIANTO PATRIOTA ING.RE ENRICO ANGELI DA VICENZA
E QUI' RIPRESERO COL RITMO LORO GIULIVO A CELEBRARE
LA GLORIA DI DIO E DEI SUOI SANTI IL III MAGGIO
DELL' ANNO DI GRAZIA MCMXXXI


Nel dettaglio questa la descrizione delle cinque campane attualmente sul campanile grande:

I: Re3 crescente, fusa da Cesare Brighenti nel 1932, ed ha un diametro di 131 cm. Pesa circa 16 quintali. Reca da un lato il testo del Cantico di frate Sole (o delle creature) e dall'altro la seguente iscrizione: ENRICO ANGELI SEGUACE DI GARIBALDI AD ASPROMONTE, VOLONTARIO NEL MDCCCLXVI, COMPAGNO DI CAROLI A VILLA GLORI, TRASSE DA LA CAPACE ANIMA EROICA PURISSIMI VALORI CHE DI LUI AFFERMARONO UN VALORE UMANO. N. A VICENZA II NOVEMBRE MDCCCXLV, M. A BOLOGNA XXI DICEMBRE CMCXXVII 
II (la grossa): Fa3 crescente, fusa da Gaetano e Clemente Brighenti nel 1847, ed ha un diametro di 110,1 cm. Pesa circa 8,5 quintali. Venne dedicata all'Immacolata e reca la seguente iscrizione: GAUDIA CELITUM IN PACE CHRISTI MORTUIS IMPETRA O CLEMENS O PIA O DULCISSIMA D. M. MARIA, LABIS NESCIA QUOTIES EMITTO VOCEM LUGUBREM AES TIBI CREDITUM QUOD IDEM DUM ORITUR SOL DUM OCCIDIT STRENUE TE SALVERE IUBEO. DEI MATREM PLENA GRATIAE CAELORUM POTENTEM 
III (il mezzanone): Sol3 crescente, fusa da Gaetano e Clemente Brighenti nel 1847, ed ha un diametro di 97,8 cm. Pesa circa 5,92 quintali. Venne dedicata a san Francesco con l'auspicio che i frati non avessero più ad abbandonare la sua chiesa: HOC PETO VOCE MEA SPLENDIDA FRANCISCE COELESTIS PATRONE NE QUIS FOEDET TUAS AEDES ITERUM, NEU ABHINE PROCUL ITERUM EXPELLAT TUOS ASSECLAS QUIBUS DEBEO QUOD MIHI SOLLEMNE EST SI TUA PRECONIA CANO
IV (la mezzana): La3 crescente, fusa da Gaetano e Clemente Brighenti nel 1847 e rifusa da De Poli di Vittorio Veneto nel 1968, ed ha un diametro di 84,6 cm. La campana originale pesava circa 4,24 quintali, l’attuale campana pesa circa 3,33 quintali. Venne dedicata a sant'Antonio di Padova e agli altri santi francescani e reca l'iscrizione: ANTONI POTENS MALORUM BONAVENTURA DOCT. ECCL. CLARA VIRGO IOSEPH CUPERTINAS ET QUOTQUOT ESTIS FRANCISCALES COELITUS IN QUORUM HONOREM SUM AES PLENUM SONITU FUGIANT A VOCE MEA FULMINA FUGIANT GRANDINES ET PESTES ET OMNIS GENERIS ADVERSA
V (la piccola): Do4 crescente, fusa da Gaetano e Clemente Brighenti nel 1847, ed ha un diametro di 74,6 cm. Pesa circa 2,90 quintali. Venne dedicata alla Santissima Trinità e reca la seguente iscrizione: QUOD EX ALTO VOCE TINNULA INDICO PSALMOS IN HONOREM UNIUS TRINIQUE DEI SEMPITERNI MAGORUM SIDERIS AES REFERO VIM ET VIRTUTEM CUCURRITE ERGO QUI ME AUDITIS SOLLECITI LATURI MUNERA LAUDUM REGI REGUM OPTIMO OMNIPOTENTI

Nel campanile piccolo è presente una campana in Mi3 crescente, fusa da Cesare Brighenti nel 1935, ed ha un diametro di 120 cm e un peso di circa 12 quintali.   

Originariamente montate alla bolognese, le campane del campanile grande sono state elettrificate e bilanciate nel 1968 per motivi di staticità del campanile.


Le notizie qui riportata sono tratta da: Luigi Garani, Il bel San Francesco. La sua storia, Bologna, Tipografia Luigi Parma, 1948, pp. 163, 201-202, 257-259; sull'argomento si veda anche: Giuseppe Rivani, I campanili e le campane di San Francesco in Bologna in: "Miscellanea francescana di storia, di lettere, di arti" XXXIII, 1933, 143-148; foto e trascrizione della lapide alla pagina di www.storiaememoriadibologna.it; i dati tecnici delle campane sono prese dalla pagina di www.youtube.com. Su YouTube sono caricati diversi video relativi alla campane di San Francesco, quello qui pubblicato è preso da qui ed è stato caricato da Andrea Tescari. Si tratta, come egli stesso lo descrive, di «una suonata "a doppio" con le 4 campane maggiori (Re3-Fa3-Sol3-La3, formanti il "quarto" in tono minore) a bicchiere ripresa dalla cella campanaria (salita delle campane "in piedi", esecuzione del pezzo "tre fatte a Campanini e Mezze con le due d'organo prima, in mezzo e dopo" e discesa delle campane) eseguito in modalità elettrico-manuale dalla tastiera della centralina di comando alle ore 10.45 quale segno per la S.Messa delle ore 11 [del 4 ottobre 2018] nella festività di S.Francesco d'Assisi Patrono d'Italia».

2 dicembre 2018

Uno schizzo a penna dell'abside di San Francesco in una cartolina del 1927


Nel 1927, in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale che si tenne nella città felsinea dal 7 all'11 settembre, le Edizioni L. Mantovani di Bologna pubblicarono una serie di 27 cartoline riproducenti altrettanti schizzi firmati Veratti. Tra esse una veduta dell'abside e del fianco settentrionale del Tempio monumentale di San Francesco (Piazza Malpighi) accompagnata dalla seguente descrizione:
È questa la prima chiesa costruita in Italia a tre navate in stile ogivale, e la sua fondazione si fa datare dal 1236. L'abside magnifica, ed i suoi campanili, di cui il maggiore è opera di Maestro Antonio di Vincenzo, sono di una pittoresca e sorprendente imponenza. Dal 1888 essa ha riavuto tutta la originaria sua forma architettonica in seguito ai lavori di ristauro guidati dal Rubbiani. Nell'interno sono varie cappelle di nobili famiglie bolognesi, recentemente restaurate. Splendido l'altare maggiore a bassorilievi, statue (80), guglie e trafori opera dei veneziani fratelli Jacobello e Pier Paolo delle Masegne. La facciata maggiore di tradizione romanica, è decorata nel frontone da preziose scodelle in ceramica.

Scheda alla pagina di badigit.comune.bologna.it da cui è tratta l'immagine qui pubblicata. Per il non meglio identificato autore si vede la scheda di www.collezionesalce.beniculturali.it

Giacomo Leopardi ospite a San Francesco di Bologna dal 17 al 27 luglio 1825


Diretto a Milano per un impegno con l'editore Stella, Giacomo Leopardi (1798-1837) si fermò il 17 luglio del 1825 a Bologna: era prevista una sosta tecnica per il cambio dei cavalli, ma non era stato prenotato alcun albergo. Accettò quindi l'invito del suo compagno di viaggio, padre Luigi Poni, un vecchio amico del conte Monaldo, ad alloggiare nel convento di San Francesco, dove rimase nove giorni.
Così in proposito il 22 luglio 1825 da Bologna scrive al genitore: «Io sono stato e sono ancora alloggiato ai Frati Conventuali, cioè al convento del mio compagno di viaggio» (XXIV: Giacomo Leopardi, Carissimo signor padre. Lettere a Monaldo, Venosa, Osanna,  [1997]).
In città Giacomo fa alcune conoscenze importanti ed è accolto con favore nei salotti letterari cittadini. Nelle sue lettere descriverà Bologna come «quietissima, allegrissima, ospitale», «piena di letterati nazionali, e tutti di buon cuore, e prevenuti per me molto favorevolmente». E al fratello Carlo dirà: «Mi sono fermato nove giorni e sono stato accolto con carezze ed onori ch'io era tanto lontano d'aspettarmi, quanto sono dal meritare».
Positivo è anche il giudizio complessivo: «Bologna è buona, credilo a me che con infinita meraviglia, ho dovuto convenire che la bontà di cuore vi si trova effettivamente, anzi vi è comunissima».
Del padre Luigi Poni si sa che era nato a Bevagna (Perugia) e apparteneva alla Serafica Provincia dell'Umbria. Missionario in Oriente dal 1805, fu Ministro provinciale di quella giurisdizione dell'Ordine dal 1818 (cf. Provincia d'Oriente e Terra Santa di San Francesco d'Assisi Frati Minori Conventuli, In cammino... verso il Padre. Necrologio, [s.l., s.n.,  2002], 3 ottobre)

Le informazioni qui pubblicate sono in gran parte tratte dalle pagine Breve soggiorno di Giacomo Leopardi a Bologna della Cro]nologia di Bologna dal 1796 ad oggi e Convento San Francesco della Mappa degli scrittori a Bologna tra 800 e 900 di www.bibliotecasalaborsa.it


1 dicembre 2018

Il Voltone di San Francesco in un disegno di Pio Panfili del 1810

Pio Panfili
Voltone da S. Francesco guardando il Convento in allora da PP. MM. Conventuali, oggi la Dogana

(1810)
inchiostro bruno e acquerello grigio su carta avorio, 225x156 mm
Bologna, Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio, GDS, Cartone Panfili c. 54

Il Gabinetto disegni e stampe dell'Archiginnasio di Bologna conserva una raccolta di disegni e stampe di Pio Panfili (1723-1812) tra cui quello del Voltone di San Francesco, con la veduta dell'ingresso all'ex convento e, sullo sfondo, i due campanili, da Via Porta Nova. 
Si tratta, come lui stesso annotato, della copia che l'Autore fece nel 1810 di un precedente suo disegno del 1796.

Scheda dell'opera alla pagina di badigit.comune.bologna.it da cui è tratta l'immagine qui pubblicata.